Il 2017 è iniziato da qualche settimana, ma i bilanci non sono ancora terminati per quel che è accaduto lo scorso anno. Un anno, il 2016, che è stato molto favorevole per le emissioni corporate, visto e considerato che – secondo quanto stabilisce Dealogic– i volumi hanno superato, a livello globale, i valori record toccati nel 2006, ben 10 anni prima.
Anche l’esordio del 2017, si tenga conto, è stato particolarmente “effervescente”. Alla stagionalità favorevole – con gennaio che vede sempre un’offerta abbondante – si aggiungono fattori specifici che stanno inducendo le aziende a sfruttare al massimo le presenti condizioni di funding. Negli USA, il 2017 segnerà infatti l’avvio della normalizzazione dei tassi e anche in Europa comincerà prima o poi a porsi il tema della progressiva riduzione degli stimoli monetari.
A fronte di volumi di nuova carta così consistenti, la domanda di fondo è quanto potrà durare l’attuale capacità di assorbimento del mercato, considerando anche l’assenza di un premio di rendimenti per i nuovi titoli (rispetto a quelli già in circolazione sul secondario) e il possibile effetto spiazzamento nei portafogli legato all’offerta di bond governativi.
Più complesso potrebbe essere il quadro per quanto concerne i titoli di Stato, e soprattutto per quelli relativi ai mercati periferici. Per l’Italia, recente è la notizia del taglio di rating da parte di DBRS, che ha determinato un improvviso incremento del costo del debito pubblico, e qualche disagio in più per chi cercherà di ricorrere ai finanziamenti della Banca Centrale Europea, che ha incrementato il taglio (haircut) per chi vuole portare i titoli italiani in garanzia…