Il fallito golpe del 15 luglio sembra aver pesato al rating della Turchia. Almeno, secondo quanto ritengono gli analisti di Standard & Poor’s, una delle principali agenzie di rating al mondo, che sottolineano come il quadro politico della Turchia si sia ulteriormente frammentato, e che la conseguenza di quanto sopra sia il peggioramento del contesto per gli investimenti, per la crescita e per i flussi di capitali nella sua economia.
Dunque, secondo quanto afferma l’agenzia di rating, sono cresciuti i rischi per la capacità del Paese di rifinanziare il debito con l’estero. Un problema non certo da poco, visto e considerato che nel corso dei prossimi 12 mesi il Paese dovrà rifinanziare ben il 42 per cento del suo debito estero, pari a oltre 170 miliardi di dollari, o al 24 per cento del Pil stimato per il 2016 e a cinque volte le riserve utilizzabili.
Da evidenziarsi, inoltre, come il golpe abbia drasticamente peggiorato uno scenario già di per sé poco confortante, visto e considerato che l’agenzia di rating si attendeva che sul 2016 pesasse la maggiore incertezza politica iniziata nel 2015, e in particolare anche la crescita della violenza interna al Paese a causa della fine del processo di pace con i militanti Curdi. Ulteriori elementi di aleatorietà stimata erano le due tornate elettorali e la crescente instabilità al confine sud-orientale.
Tuttavia, con evidenza, il fallito golpe ha peggiorato drasticamente lo scenario con ciò che ne sta conseguendo: sono già stati rimossi o sospesi circa 45mila funzionari pubblici, e 14mila soldati o ufficiali di polizia sono stati arrestati o sospesi.